martedì, agosto 12, 2025

L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE? SCRIVE BENE MA NON SA NULLA! PUÒ ESSERE PARAGONATA AD UNO STUDENTE MEDIOCRE, SEPPURE CON UNA GRANDE MEMORIA…


Oristano 12 agosto 2025

Cari amici,

Come scrive il professor Walter Quattrociocchi, docente Ordinario di Informatica all'università Sapienza di Roma, “L'intelligenza artificiale non ragiona, calcola: il vero rischio sta nel modo in cui cambia il nostro modo di conoscere. Agli studenti che usano l'A.I. chiedo: Perché hai fatto questa scelta? E loro spesso non sanno più rispondere. Questi sistemi sono, strutturalmente, oracoli probabilistici senza memoria né responsabilità ma il loro pericolo principale è quello di deteriorare l'intelligenza di noi esseri umani”.

I “Large Language Models” (LLM), ovvero gli avveniristici sistemi di intelligenza artificiale avanzati, progettati per comprendere, elaborare e generare testo in linguaggio naturale, sono addestrati su enormi quantità di dati testuali, permettendo loro di apprendere le complessità del linguaggio umano, come la grammatica, il significato delle parole e il contesto. Questo li rende capaci di svolgere una vasta gamma di compiti, tra cui traduzione, riassunto, generazione di testo e risposta a domande, spesso con risultati che si avvicinano alla comprensione e alla produzione umana.

A mio avviso questi LLM sono paragonabili a quegli studenti dotati di una memora formidabile, capaci di mandare a memoria tantissimi dati e ripeterli, ma, spesso, senza la concreta capacità di capirne il reale significato! La grande capacità di memorizzazione dell’esistente, ovvero di quello che spazia nel web, in realtà, non essendo frutto di ragionamento, non è qualcosa di molto affidabile. Ciò nonostante, la convinzione pubblica corrente (tecnica, politica ed etica) considera questi dati attendibili, tant’è che si scrivono linee guida, si evocano rischi sistemici, si proiettano curve di crescita che culminano nella cosiddetta AGI (Intelligenza Artificiale Generale), prevista da alcuni per il 2027.

Amici, nei sistemi complessi, la traiettoria non è mai garantita, e l’affidabilità non si ottiene per somma! Non basta aumentare i parametri del modello, la potenza di calcolo e la quantità di dati per ottenere, ad un certo punto, qualcosa di vero, di reale e affidabile, in quanto solo frutto di ipotesi. Quella prodotta da LLM è una narrativa d’accumulo che non dà sicurezza, che non è certezza. Nei sistemi complessi, la traiettoria non è mai garantita. Si arriva a fare ipotesi irreali, a prevedere soglie critiche, a compilare feedback amplificati. L’affidabilità non si ottiene per somma ma per analisi e ragionamento !

Si, amici, i modelli attuali di A.I. non sono in grado di ragionare, di valutare: non verificano ma PREDICONO! Stimano la fase successiva più probabile in base a testi scritti da altri. L’output che se ne ricava è plausibile, ma non ragionato e controllato. Nei delicati compiti aperti (come medicina, diritto, scienza), l’errore resta stabilmente molto alto. Non è un bug, un errore di funzionamento, ma una caratteristica del sistema. Le cosiddette hallucination, ovvero le risposte sbagliate ma dette con sicurezza, non stanno scomparendo: si mascherano meglio, ma restano. E restano perché il modello non conosce il ragionamento: si limita a sommare, calcolare!

Amici lettori, l’Intelligenza Artificiale è un sistema numerico, che si auto-alimenta, che introita tonnellate di dati compilati da altri, e rendiconta quello che trova: non sa, non conosce, non ragiona: copia e somma, dando risultati ritenuti probabili, ma non certi. La realtà purtroppo è una verità scomoda: è già difficile da comprendere col ragionamento, immaginiamoci con l’A.I., che, incapace di ragionare, non garantisce affidabilità. L’A.I. a mio avviso non raggiungerà mai il livello del cervello umano.

Affermare che l’Intelligenza Artificiale raggiungerà e supererà l’uomo, ovvero arrivare a pensare che aumentando il volume dei dati questa tecnologia supererà le capacità umane, fa cadere tutti in un equivoco alquanto profondo: trattare l’intelligenza artificiale come una tecnologia “a soglia”, nel senso che basti superare un certo numero di parametri o di potenza per far emergere, per forza, una nuova qualità, è pura utopia! Nei sistemi complessi, l’aggiunta di risorse non garantisce trasformazioni strutturali: Nessuna soglia garantisce la metamorfosi.

Cari amici, pensare di sostituire l’intelligenza umana con quella artificiale serve solo a dare l’illusione della conoscenza. Perché un “Large Language Model”, un LLM, non comprende, non capisce ciò che dice, anche se lo dice bene. A parità di ignoranza (qui torno a quegli studenti mediocri ma di buona memoria prima citati), l’output generato da un LLM, seppure risulti più fluido, articolato e persuasivo di quello prodotto da un essere umano, è privo di reali competenze. Quanto prodotto è di un’efficienza simulativa, non cognitiva! Credo che non solo oggi, ma anche domani, l’A.I. potrà essere un ottimo supporto all’uomo, ma non costituirà, mai, la sua sostituzione!

A domani.

Mario

lunedì, agosto 11, 2025

IL GIAPPONE, PER COMBATTERE LA CRISI DELLE API, HA INVENTATO LE API ROBOT. SI SALVERÀ COSÌ L’INDISPENSABILE PROCESSO DI IMPOLLINAZIONE?


Oristano 11 agosto 2025

Cari amici,

Che nel mondo LE API SVOLGANO UNA FUNZIONE IMPORTANTISSIMA, quella dell’impollinazione è cosa ben nota, essendo di vitale importanza. Senza questi preziosissimi insetti, infatti, non avverrebbe l’impollinazione di molti alberi da frutto, con effetti davvero catastrofici sulla sopravvivenza dell’uomo sul pianeta terra. C’è una FAMOSA FRASE DI EINSTEIN che afferma: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, allora all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita!”. Insomma, senza più api, senza più l'impollinazione, non più piante, non più animali, non più l’uomo sulla faccia della terra.

Ecco, dunque, la necessaria, preziosa e indispensabile presenza delle api, che contribuiscono in modo decisivo alla fecondazione del mondo vegetale del pianeta, entrando cioè nel ciclo produttivo delle piante trasportando il polline dalla parte maschile a quella femminile. Gli alberi ed i fiori, infatti, si riproducono così. La morte delle api equivale ad una gigantesca castrazione di Madre Natura, con effetti catastrofici! Salvare le api, sempre più in pericolo, è una necessità impellente, tanto che in America, già prima di Obama, fu lo Stato dell’Oregon a proibire l’uso dei pesticidi, i cui pericolosi effetti risultano, in particolare per le api impollinatrici, davvero devastanti.

Ebbene, per cercare di sopperire a questa terribile, futura previsione, in Giappone UN TEAM DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI SCIENZA E TECNOLOGIA INDUSTRIALI AVANZATE (AIST) ha progettato la costruzione di “API ROBOTICHE”, utilizzando un particolarissimo dispositivo, costituito da dei droni e da una combinazione di crine di cavallo con un gel ionico appiccicoso. Queste api robotiche, volando di fiore in fiore, proprio come farebbe un’ape vera, riuscirebbero in questo modo ad effettuare la necessaria impollinazione dei fiori.

Muovendosi, infatti, di fiore in fiore l’ape-drone, utilizzando l’addome appiccicoso, trasferirebbe agli altri fiori il polline che rimane attaccato al gel ionico e al crine di cavallo. Insomma svolgerebbe la stessa funzione in carico all’ape vera! Questo interessante GEL IONICO fu inventato dal EIJIO MIYAKO, un chimico di AIST nel 2007. La cosa strana è che il gel creato da Miyako fu inizialmente considerato un fallimento, tanto che rimase inutilizzato per un decennio. Quando Miyako, di recente lo riesaminò, si accorse con sorpresa che era ancora appiccicoso, e ciò gli fece pensare che sarebbe stato perfetto per il suo nuovo progetto. Miyako, infatti, è ora il capo progetto che ha inventato l’ape robotica, ovvero la “ROBO-BEE”.

Amici, nessuno nega la validità dell’invenzione dell’ape robotica, anche sé la cosa davvero migliore da fare dovrebbe essere, invece, quella di fare in modo che le api vere vengano salvate, eliminando tutte quelle sostanze tossiche che le stanno distruggendo! Seppure la moderna tecnologia sia pronta a dare una mano all’uomo, la sopravvivenza delle api rimane un punto fermo: nessuna tecnologia, per quanto avanzata, sarà mai in grado di sostituire le api a pieno titolo! Il miele, per esempio, è il primo dolcificante utilizzato dall’uomo, e se le api davvero davvero sparire, credo che questo sarebbe un danno difficile da accettare!

Amici, la salvezza del mondo, più che dalla moderna, sofisticata tecnologia, potrà essere garantita solo dal pieno e rigoroso rispetto delle regole della natura, che, nei millenni sono state affinate e perfezionate in modo eccellente, consentendo all’uomo di vivere fino ad oggi senza problemi sulla terra. Solo con l’impegno di rispettarle, senza se e senza ma, il futuro dell’uomo sarà garantito. La natura, nel suo concetto basilare, ha le sue inderogabili regole da rispettare, e non dovrebbe mai subire quei terrificanti attacchi che l’uomo continua a riservargli. La crescente violenza alla natura, amici lettori, sarà pagata molto cara dall’uomo, arrivando addirittura alla sua auto-estinzione!

Cari fedeli lettori, io amo molto la natura, ma ciò non significa che sia contrario all’innovazione tecnologica. Questo avanzare della moderna tecnologia, però, non dovrebbe mai essere una giustificazione al mancato rispetto delle regole naturali che governano la terra da millenni. La tecnologia deve aiutare l’uomo nelle fatiche della vita, alleggerendo il peso del suo lavoro, ma sempre senza stravolgimenti e manomissioni delle millenarie regole del creato! Ben vengano, dunque, anche le API ROBOTICHE,  ma da utilizzare in momenti di difficoltà, non certo sostitutive delle API VERE,  che vanno assolutamente protette, in quanto da millenni svolgono il loro meraviglioso lavoro al servizio dell’uomo!

A domani.

Mario

domenica, agosto 10, 2025

IL NOSTRO COMPORTAMENTO? DIPENDE MOLTO DAL CONTESTO SOCIALE DOVE VIVIAMO, DAL QUALE RICEVIAMO UN FORTE CONDIZIONAMENTO.


Oristano 10 agosto 2025

Cari amici,

Pensare di decidere in piena autonomia il nostro “Comportamento sociale” è pura utopia. Lo è perché la società in cui viviamo svolge su di noi un forte tipo di pressione, capace di influenzare il nostro modo di agire, di vivere insieme agli altri. Sì, in realtà siamo costantemente influenzati dal contesto sociale in cui viviamo. Non siamo creature solitarie ma SOCIALI, e le nostre azioni, i nostri pensieri e sentimenti sono spesso condizionati, indirizzati, plasmati dalle norme, dalle aspettative della società che ci circonda. Questo condizionamento sociale può essere sia positivo che negativo, e può manifestarsi in vari modi, come l'adesione a comportamenti comuni, l'accettazione di norme sociali o la reazione a pressioni esterne.

La psicologia da tempo studia in modo profondo l’influenza esercitata dalla società dove operiamo sul nostro comportamento in società. L'efficacia dell'influenza sociale in termini di intensità e persistenza è un concetto ampiamente studiato da Herbert Kelman e John Hamilton. Questi studi si concentrano sull'esaminare quanto e per quanto tempo l'influenza sociale può influenzare le persone nei loro comportamenti e atteggiamenti. Un’influenza che può essere diretta, come quando ci conformiamo ad una richiesta ricevuta, o indiretta, come quando osserviamo il comportamento degli altri e decidiamo di seguirne l'esempio.

La nostra autonomia comportamentale non è, dunque, mai troppo libera, in quanto altamente influenzabile. Il livello di coerenza e lealtà è fortemente dipendente dall'ambiente e dal contesto sociale e culturale che viviamo. Siamo alquanto volubili, e subiamo (forse senza rendercene conto) la pressione di chi ci sta intorno. Quali le cause? In primis per il nostro bisogno di far parte del “gruppo”, poi anche per il timore di esserne esclusi. Siamo alquanto flessibili, e il nostro “senso morale” risulta essere alquanto elastico, non certo stabile e costante.

Amici, nella nostra vita quotidiana ci adeguiamo sempre più spesso ai condizionamenti esterni. Di norma rispettiamo  le regole sociali anche se non le condividiamo pienamente, obbediamo agli ordini o alle richieste di figure autoritarie, anche se non siamo d'accordo con esse, per paura di conseguenze negative, modifichiamo il nostro comportamento (anche se poco gradito), o atteggiamento, per adattarci a un nuovo ambiente sociale o ad un gruppo specifico.

L'influenza sociale che ci condiziona può essere positiva, quando ci aiuta a integrarci nella società, consentendoci ad imparare e crescere, ma anche negativa, in quanto ci porta ad adottare un conformismo eccessivo che può risultare sotto molti aspetti dannoso. E qui entra in gioco la nostra consapevolezza. Essere consapevoli dell'influenza sociale che riceviamo può aiutarci a fare scelte più informate e a sviluppare un senso di autonomia. Si, la consapevolezza aiuta le persone a riflettere, a scegliere, consentendoci di dare risposte diverse alle richieste ricevute.

Cari amici, adeguarsi al contesto sociale dove operiamo appare il modo più semplice per essere accettati ed entrare a far parte del gruppo, ma dobbiamo restare sempre autonomi e consapevoli. Non dobbiamo mai essere remissivi e manovrabili, perché conformarsi, obbedire, toglie valore alla nostra individualità, ai nostri valori interiori. Mai lasciarsi sedurre dai forti inviti esterni se non condivisi dalla nostra coscienza! La storia ci insegna che in passato questo comportamento remissivo ha portato, per esempio, tanti tedeschi ad aderire al nazismo! Allora, non mandiamo mai a dormire la nostra coscienza!

A domani.

Mario

sabato, agosto 09, 2025

IL CORAGGIO DI FARSI MORDERE PER ANNI DAI SERPENTI VELENOSI! ORA IL SANGUE DI QUEST’UOMO PUÒ SALVARE VITE UMANE, CON LA CREAZIONE DI EFFICACI ANTIDOTI.


Oristano 9 agosto 2025

Cari amici,

Negli Stati Uniti c’è un uomo straordinario: si chiama TIM FRIEDE. Oggi Tim, americano  del Wisconsin, ha 57 anni ed è da sempre un appassionato di serpenti velenosi, che alleva da quasi 18 anni. La cosa davvero straordinaria è che si è lasciato mordere da loro circa 200 volte, e si è iniettato oltre 650 dosi di veleno, seppure calibrate nel tempo. Stiamo parlando di serpenti molto velenosi, come  taipan, mamba neri, cobra e bungari, dai quali, una volta estratti dalle teche dove li conserva, seppure con una certa cautela, si lascia mordere.

La sua storia, come hanno raccontato diverse riviste e giornali, è ritenuta davvero eccezionale, per il grave rischio corso di morire. Rischio che ha affrontato più volte negli anni, ma che ha consentito di sviluppare delle serie ricerche sulla preparazione di antidoti sicuri ed efficaci per i veleni. Basti pensare che ogni anno muoiono per avvelenamenti da morso di serpente tra 81mila e 138mila persone in tutto mondo, perlopiù nelle aree rurali dell’America, dell’Asia e dell’Africa, e circa 400mila subiscono amputazioni o disabilità permanenti per la stessa ragione.

Amici, Friede, non è uno scienziato o un uomo di laboratorio: è oggi un ex impiegato nel campo dell’edilizia, che sin da giovanissimo ha sognato di fare l’erpetologo (ovvero un esperto nello studio di rettili e anfibi); la sua esperienza è stata una vera e propria manna per la scienza, e oggi CENTIVAX, un’azienda impegnata nella produzione di vaccini ad ampio spettro, con cui collabora, gli ha fatto affermare con orgoglio, in un’intervista al New York Times: «Sono davvero fiero di poter fare qualcosa nella vita per l’umanità» e «per persone che probabilmente non incontrerò mai».

La curiosa storia di Friede iniziò prestissimo. Fu morso per la prima volta da un serpente, non velenoso, quando aveva cinque anni. Solo da adulto, però, cominciò a collezionare e allevare nel seminterrato di casa prima scorpioni e poi serpenti, arrivando ad un certo punto ad averne 60 velenosi. Il giorno dopo l’11 settembre 2001, turbato per l’attacco alle Torri Gemelle e per la recente morte di un amico, si lasciò mordere da due cobra. Perse conoscenza in breve tempo, e si risvegliò in ospedale, dopo quattro giorni di coma.

Quell’esperienza lo segnò. Sopravvissuto, decise di diventare una specie di “cavia”, e, lavorando soltanto di notte, da solo, cominciò a iniettarsi dosi calibrate nel tempo di veleno estratto dai suoi serpenti. Questo non gli evitò comunque altri incidenti, tra morsi accidentali, shock anafilattici, svenimenti e altro. Nel 2017 Friede conobbe l’immunologo JACOB GLANVILLE, fondatore e amministratore delegato di Centivax, e cominciò a collaborare con lui, che all’epoca stava studiando un particolare tipo di anticorpi detti “neutralizzanti ad ampio spettro”, utilizzati come base nella ricerca di vaccini universali contro i virus.

Glanville prelevò campioni del sangue di Friede per isolare gli anticorpi che il suo sistema immunitario aveva sviluppato nel tempo per contrastare i veleni. Guidato dallo stesso Glanville, il gruppo di ricerca scoprì che alcuni topi da laboratorio a cui venivano iniettate dosi di veleno di 19 diverse specie di serpenti, tra cui mamba e cobra, erano in parte o del tutto immuni se prima avevano ricevuto una combinazione di due potenti anticorpi presenti nel sangue di Friede, unita a una molecola sintetica in grado di bloccare le neurotossine (tossine che agiscono sulle cellule del sistema nervoso).

L’antidoto sperimentale, dunque, appare efficace, anche se funziona solo contro il veleno di 19 specie della famiglia degli elapidi, che, a sua volta, è solo una delle famiglie a cui appartengono le circa 650 specie note di serpenti velenosi: quello realizzato non è, quindi, da intendersi come una sorta di rimedio universale! È di certo, comunque, una scoperta significativa, perché la maggior parte degli antidoti oggi conosciuti funziona solo contro una o poche specie di serpenti di una determinata regione geografica.

Cari amici, indubbiamente è presto per dire di aver trovato la totale soluzione per un vero antidoto contro il veleno dei serpenti. La ricerca è ancora nelle fasi iniziali: l’antiveleno è stato testato per ora solo sui topi, e saranno necessari anni prima di arrivare alla sperimentazione umana. La strada è lunga, considerato anche che le specie velenose di serpenti sono tante: per esempio quello preparato non è ancora efficace contro le vipere e i serpenti a sonagli. Un grande GRAZIE, comunque, a Tim Friede, ed al suo straordinario coraggio!

A domani.

Mario

venerdì, agosto 08, 2025

CINA: IN CORSO DI COSTRUZIONE UNA CENTRALE IDROELETTRICA CON UN ROTORE DA 500 MW, MONTATO SU UNA TURBINA IDROELETTRICA PELTON, CHE PRODURRÀ 4 MILIARDI DI KILOWATTORA OGNI ANNO.


Oristano 8 agosto 2025

Cari amici,

La CINA, porta avanti il suo ambizioso programma relativo alle energie rinnovabili, con l’intento di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. Tra i grandi progetti in corso, la costruzione  della centrale idroelettrica DATANG ZALA, situata nella Regione autonoma del Tibet, che sicuramente diverrà un esempio per il mondo! Questa centrale, una volta completata, avrà una capacità installata totale di 1 gigawatt e si prevede che genererà quasi 4 miliardi di kilowattora di elettricità ogni anno. Indubbiamente darà un contributo energetico enorme, che secondo l'azienda costruttrice, la China Datang Corporation, farà risparmiare la combustione di 1,4 milioni di tonnellate di carbone standard, con una conseguente riduzione di circa 3,7 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica.

In questa innovativa centrale lavorerà una turbina gigantesca, considerata un capolavoro di ingegneria, che riuscirà a battere diversi record. Con un diametro esterno di 6,23 metri e 21 pale a cucchiaio finemente modellate, la turbina è realizzata in acciaio martensitico, un materiale di alta qualità noto per la sua eccezionale resistenza, durabilità e capacità di contrastare la corrosione. Il suo design è specificamente ottimizzato per le condizioni uniche della centrale di Zala, che presenta un "salto verticale" — ovvero la differenza di altitudine tra il bacino e la turbina — di ben 671 metri. Questo dislivello consente all'acqua di colpire le pale con una forza straordinaria, rendendo questa turbina ad impulso una scelta ideale per convertire l'energia cinetica del flusso d'acqua in energia meccanica.

Il direttore tecnico della Harbin Electric, Tao Xingming, ha sottolineato come questo aggiornamento tecnologico porterà l'efficienza di generazione dal 91% al 92,6%. Un aumento dell'1,6% che può sembrare modesto, ma che si traduce in una produzione aggiuntiva di 190.000 kilowattora di elettricità ogni giorno per una singola unità operativa 24 ore su 24. La costruzione della sezione principale della centrale è iniziata nel 2023 e, secondo l'agenzia di stampa statale Xinhua, l'entrata in funzione è prevista per il 2028; è anche prevista l'installazione di una seconda turbina identica.

La Cina, dunque, vuole primeggiare anche nel campo energetico rinnovabile, e, con quest’opera, conquista l’ennesimo record mondiale nel settore energetico. Questo nuovo gioiello porta la firma, come detto, della Harbin Electric Machinery Factory, azienda dell’Harbin Electric Corporation (HEC), che ha sviluppato il progetto in maniera indipendente, forte di un’esperienza ingegneristica decennale nei gruppi elettrogeni a impulso. Fino a oggi, infatti, la compagnia ha partecipato allo sviluppo di 67 unità in 30 centrali elettriche in patria e all’estero (Diga delle tre Gole compresa). Un’esperienza unica, nota e apprezzata in tutto il mondo.

La centrale idroelettrica DATANG ZALA è oggi in piena costruzione, dopo 4 lunghi anni di studi profondi, e si prevede che entrerà in funzione nel 2028. Di proprietà della China Datang Corporation, sarà gestita a regime da Datang Yuquhe Hydropower Development, che, secondo i programmi, produrrà ogni anno quasi 4 milioni di MWh di energia elettrica. È indubbiamente un’impresa colossale, ma in Cina l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta per caduta dall’acqua è praticamente la norma.

Nessuna sorpresa, dunque, perchè la Repubblica popolare cinese oggi vanta una capacità idroelettrica totale di circa 430 GW, ed è attualmente il Paese dove si installa il numero maggiore di impianti idroelettrici. Basti pensare che dei 24,6 GW, raggiunti nel mondo a livello globale nel 2024, 14,4 GW appartenevano al gigante asiatico! Praticamente più della metà di quella prodotta nel mondo con questo antico sistema, assolutamente non inquinante!

Cari amici, la Cina ha una cultura millenaria, e il rispetto per l’ambiente c’è sempre stato, anche quando nel mondo si utilizzavano ancora massicciamente altre fonti non rinnovabili. La strada verso la produzione solo di energia pulita e rinnovabile, è la strada che oggi tutti dobbiamo percorrere, senza SE e senza MA! Dovremmo prendere esempio!

A domani.

Mario  

giovedì, agosto 07, 2025

AMICIZIE E SOCIALIZZAZIONE. TROVARE NUOVI AMICI, CON L’AVANZARE DELL’ETÀ, RISULTA SEMPRE PIÙ DIFFICILE. MA DOBBIAMO PROVARCI.


Oristano 7 agosto 2025

Cari amici,

Se è pur vero che l’uomo non è stato creato per vivere in questo mondo in solitudine, ma per abitarlo con i suoi simili instaurando una vita sociale fatta di relazioni e amicizie, questo bisogno “di stare insieme”, non è costante: prima rallenta, e poi si fa più difficile con l’avanzare dell'età. Si, man mano che il tempo passa, e dalla fanciullezza si passa all'età adulta e poi alla senilità, la voglia di "stare insieme agli altri", di vivere condividendo con gli altri pensieri, opinioni e progetti, in particolare con quelli che sentiamo più vicini alle nostre idee e al nostro pensiero, arriva a diminuire fino a spegnersi. Con l'avanzare dell'età fare nuove amicizie diventa ogni giorno più difficile. In realtà è un cambiamento epocale, se pensiamo che prima da bambini, poi da adolescenti e anche nelle prime fasi della nostra maturità, abbiamo stretto amicizie con grande facilità, una volta entrati  nella "senilità", i rapporti di amicizia prima iniziano a diminuire fino, poi, a scomparire del tutto, quasi che la relazione con gli altri non sia né gradita né appagante.

In precedenza, fino al secolo scorso, quando le relazioni umane si svolgevano sempre “di persona”, in quanto non erano state ancora stravolte dall’avvento dei social, che hanno ampliato alla grande le amicizie virtuali a scapito di quelle vere, reali, relazionarsi fisicamente era ben più semplice, in quanto interagire in presenza favoriva la nascita di una maggiore conoscenza che poi poteva diventare amicizia. Ora, con la vita di oggi, in particolare con l’avanzare dell’età, trovare nuovi amici risulta sempre più difficile.

Si, la realtà è che, man mano che l’età avanza, ovvero invecchiando, le opportunità di contatto spesso diminuiscono. Secondo gli esperti, in particolare una volta arrivati al termine dell’attività lavorativa svolta, i neo pensionati già faticano a mantenere le amicizie consolidate, quelle esistenti da lunga data, immaginiamoci se si impegnano a cercarne attivamente di nuove! È questo un comportamento dettato dalle diverse esperienze maturate nella vita, capaci di creare nel soggetto una forte diffidenza, tipica negli anziani, che limita, impedisce, la possibilità di creare nuove amicizie.

È, purtroppo, quella accennata, una situazione paragonabile a quella del “gatto che si morde la coda”. Arrivati all’età senile, stare insieme agli altri, dopo una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, per trascorrere una vita serena risulterebbe non solo utile ma addirittura necessario, vivere praticando una socialità di gruppo. Trascorrere del tempo con altri coetanei, partecipando ad attività di gruppo come club sportivi, laboratori creativi o associazioni per ampliare la cerchia sociale, sarebbe alquanto positivo, direi indispensabile. Condividere interessi comuni è un ottimo modo per trascorrere le giornate della senilità serene e appaganti.

Amici, la vita di ciascuno di noi, arrivato alle soglie della senilità, è ricca di tutta una serie di esperienze che, giorno dopo giorno, hanno forgiato il nostro carattere. Arrivati all’età della riflessione, quella post-lavorativa, tutta l’esperienza vissuta contribuisce a rendere le persone più diffidenti e selettive. Tutti, invecchiando, diventiamo più diffidenti verso il nuovo; le esperienze passate, le delusioni e le aspettative spesso andate deluse, ci inducono ad avere scarsa fiducia negli altri, ad avere maggiore cautela. Sebbene questa cautela sia legittima, a volte, però, ha dei risvolti negativi, frenando i nuovi incontri, e le nuove, possibili conoscenze.

Invecchiare bene, cari lettori, significa mantenere, nonostante la diffidenza, una mentalità aperta, non scartando a priori le opportunità di contatto. È dimostrato che, spesso, le amicizie più inaspettate sono quelle che diventano più forti! Cercare di restare disponibili nei confronti degli altri, dialogare senza timore con le persone che incrociamo, intavolare conversazioni con persone nuove negli ambienti che frequentiamo (in palestra, nel club sportivo, nelle varie associazioni, etc.), ci consentirà certamente di trovare le persone giuste con cui instaurare nuove amicizie.

Cari amici, fare nuove  amicizie nella senilità è certamente più difficile, rispetto a quando eravamo giovani, ma tutt'altro che impossibile. Lo possiamo fare in modo intelligente: prendendo consapevolezza degli ostacoli esistenti, ma adottando delle semplici "strategie", possono certamente arricchire la nostra cerchia sociale. Trascorrere un vecchiaia serena, è il sogno di ognuno di noi, e, per realizzarlo, dobbiamo “osare”, mai rinchiuderci nel nostro ristretto spazio consolidato, perché aprirsi agli altri significa uscire dal guscio, vivere anche in senilità quella appagante vita sociale che abbiamo sempre sognato!

A domani.

Mario

mercoledì, agosto 06, 2025

UN SERIO PROBLEMA DEI NOSTRI GIORNI: LA SOLITUDINE. LA RELAZIONE SOCIALE HA SUBITO RALLENTAMENTI PERICOLOSI CHE SI RIPERCUOTONO SULLA NOSTRA SALUTE.


Oristano 6 agosto 2025

Cari amici,

La SOLITUDINE è un male dei nostri giorni alquanto pericoloso. A mettere il dito nella piaga ci ha pensato anche il COVID, che ha accelerato quel triste stato di solitudine presente in particolare negli anziani; un male capace di creare non solo tristezza interiore, ma anche seri danni al nostro cervello. Si, l’amara realtà è che la solitudine non danneggia solo l’umore, ma crea pericolosi danni al nostro cervello che può letteralmente arrivare a rimpicciolire! Un recente studio ha evidenziato e documentato, per la prima volta, che, trascorrere lunghi periodi senza contatti umani, provoca cambiamenti fisici misurabili nella struttura cerebrale.

I dottori Mathias Basner e David R. Roalf, operativi presso l’Università della Pennsylvania, per effettuare questa particolare ricerca hanno utilizzato tecnologie di imaging avanzate per documentare i cambiamenti neurologici in tempo reale. La scoperta è arrivata dall’analisi condotta su 25 persone che hanno vissuto un anno intero nella base antartica Concordia, completamente isolate dal resto del mondo. Durante questo periodo, i ricercatori hanno osservato una riduzione effettiva del volume cerebrale. Il confronto delle scansioni cerebrali effettuate prima e dopo i cinque mesi di isolamento, hanno mostrato una diminuzione della materia grigia in aree legate a memoria, orientamento ed emozioni, come l’ippocampo e il talamo. I ventricoli cerebrali si sono ingranditi, segnale di perdita di tessuto, con ripresa parziale nel tempo. Chi ha dormito meglio e fatto più attività fisica ha perso meno volume cerebrale, dimostrando che sonno ed esercizio fisico proteggono il cervello.

Amici, passando alla realtà che tutti noi viviamo ai nostri giorni, possiamo vedere che risultati simili si riscontrano anche tra gli anziani socialmente isolati, confermando che la solitudine cronica danneggia il cervello indipendentemente dall’ambiente. Lo studio ha confermato che anche nella vita quotidiana, restare connessi con gli altri, fare vita sociale, muoversi e dormire bene, aiuta a preservare le funzioni cognitive. L’isolamento non è solo una questione emotiva: ha effetti misurabili sul corpo e sul cervello.

Tralasciando il problema degli astronauti prima evidenziato, e focalizzando l’attenzione sulla solitudine dei nostri anziani, uno studio giapponese, effettuato su oltre 8.800 anziani, ha rilevato che le persone con meno contatti sociali presentavano un volume cerebrale totale inferiore dello 0,5% rispetto ai coetanei più socialmente attivi. Anche l’ippocampo e l’amigdala risultavano ridotti. Altre ricerche simili hanno collegato la solitudine cronica ad un assottigliamento del tessuto nell’ippocampo anteriore e ad una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale. Gli effetti dell’isolamento sociale sul cervello, dunque, è accertato che si manifestano sia nelle distese ghiacciate dell’Antartide che negli appartamenti delle città moderne!

Amici, eliminare la solitudine degli anziani è, ormai, una priorità sociale da gestire nel modo giusto. Per esempio, possiamo aiutare gli anziani a socializzare realizzando strutture di soggiorno (o ricovero) privilegiando gli spazi comuni, luoghi progettati in modo da poter favorire incontri casuali o i saloni mensa, luoghi alquanto socializzanti, che potrebbero aiutare a stare insieme in armonia e anche a proteggere il cervello, proprio come la palestra proteggeva gli esploratori polari. Stimolare la socialità a tutte le età gioverebbe a salvaguardare la nostra salute, presente e futura! Coltivare relazioni sociali è la strada maestra da seguire, in quanto risultano essere concrete strategie di protezione neurologica documentate scientificamente.

Cari amici, vivere la solitudine come isolamento significa rinunciare alla vita, significa perdere il gusto di vivere, di meravigliarsi, di immaginare nuovi orizzonti esistenziali, ovvero morire dentro, prima dell'arrivo della morte vera, quella fisica. Chiudersi in se stessi, è un lasciarsi andare, un mettere la propria esistenza su di un piano inclinato verso la fine, in quanto si è persa la speranza. È un VIVERE SENZA VIVERE!

A domani.

Mario